Tra storia e paesaggi

Si incontrano e si abbracciano qui, secondo l’immaginario popolare, il Mar Ionio e il Mar Adriatico: avvolta dal suo leggendario fascino ed adagiata nell’insenatura tra Punta Ristola e Punta Meliso, S. Maria di Leuca adorna un tratto di costa in cui si alternano scogliere e piccole calette di sabbia.
Centro balneare e peschereccio, deve il nome “S. Maria” proprio a San Pietro che, appena sbarcato dalla Palestina per dare avvio al processo di evangelizzazione, cambiò il nome alla cittadina e la dedicò alla Vergine. “Leuca” deriva invece dal greco “leukos” (= bianco) ed era il nome che gli antichi marinai greci le attribuirono quando, proveniendo dall’Oriente, la videro splendidamente illuminata dal sole. L’ulteriore appellativo “de finibus terrae” le deriva, inoltre, direttamente dagli antichi Romani.
Un incantevole mito vuole la cittadina legata alla storia della bellissima sirena Leucasia e di due innamorati, da quest’ultima separati. Invaghitasi del bel pastore Melisso, Leucasia provò a conquistarlo con il suo irresistibile canto ma -innamorato della sua bella Aristula– egli resistette senza fatica. La sirena non accettò il rifiuto e decise di vendicarsi: un giorno che i due innamorati scesero sugli scogli vicino al mare, Leucasia scatenò una tempesta così forte che le onde li trascinarono in acqua e lì vi annegarono. Dall’alto del suo tempio, la Dea Minerva assistette all’accaduto ed impietosita decise di pietrificare i corpi di Melisso ed Aristula consegnandoli all’eternità. Da allora Punta Meliso e Punta Ristola, pur non potendosi toccare tra loro, abbracciano quell’insenatura dove la terra finisce.Anche Leucàsia finì pietrificata dal rimorso. E si trasformò nella bianca città di Leuca.
Le origini di S. Maria di Leuca sono probabilmente legate ai Messapi, che la utilizzavano come scalo nel traffico marittimo tra Oriente ed Occidente. Abitata fin dall’Età del Bronzo fino al Neolitico, nel Medio Evo vide le sue grotte utilizzate come rifugio anche dai monaci basiliani in fuga dalla lotta iconoclasta.
Nel ‘500, Andrea Gonzaga da Alessano vi fece costruire una torre (conosciuta come “Torre Vecchia” – poi ribattezzata “Torre dell’Omomorto” per via di alcune ossa umane ritrovate al suo interno) – per scongiurare gli attacchi dei turchi e dei pirati. Questi ultimi, infatti, terrorizzavano la popolazione indigena tanto che “il Capo” rimase disabitato per lungo tempo.
Fu nel 1873 che finalmente iniziò il recupero della Torre con la costruzione del Faro. A poco a poco, da lì in poi le abitazioni aumentarono e nacquero anche delle industrie, relative soprattutto alla seta. Ebbe grande incremento anche il mercato dell’olio e del vino, mentre il mare poneva le basi per un ulteriore sviluppo: quello del Porto, capace di offrire riparo ed opportunità a numerose imbarcazioni di pescatori. L’impulso relativo al turismo fu precoce, tanto che già nell’800 molti nobili desiderarono disporre di abitazioni vicino al mare. Nacquero così le numerose ville eclettiche (di stampo moresco, liberty o pompeiano) che punteggiano con la loro bellezza una cittadina, che se per la natura rocciosa della costa ha allontanato il turismo di massa, per il valore storico e monumentale del Santuario “De Finibus Terrae” unitamente alla “Cascata Monumentale dell’Acquedotto Pugliese ” è divenuta uno dei poli turistici più visitati del Salento.

IL SANTUARIO
Il Santuario “De Finibus Terrae” nasce su un antico tempio dedicato alla Dea Minerva. Un’antica leggenda lo identifica come “la prima porta del Paradiso” e lo dice consacrato dallo stesso San Pietro. Vi si trova una Colonna dal capitello corinzio del 1694 posta ad indicare il luogo da cui Pietro avrebbe cominciato l’evangelizzazione dell’Europa. Distrutto più volte dai Turchi, la sua versione attuale è settecentesca e si presenta con un’unica navata a croce latina adornata da numerosi altari. Una scritta posta all’ingresso del Santuario testimonia il passaggio dal culto pagano al cristianesimo. Qui venivano a pregare i Crociati prima di imbarcarsi per la Terra Santa e qui vengono a pregare in pellegrinaggio fedeli da ogni parte d’Europa.

IL FARO
A pochi passi dal Santuario si erge, bianca e snella, la torre ottagonale del Faro di S. Maria di Leuca che, in funzione dal 1886, si trova a 47 metri dal suolo. Attraverso una scala circolare composta da 254 gradini, si può salire sul terrazzo ed ammirare il meraviglioso panorama: a Oriente, i monti dell’Albania; ad Occidente, i monti della Calabria e, a mezzogiorno, l’isola di Corfù.

LE VILLE
Per la sua privilegiata posizione geografica che l’ha messa in contatto con diverse popolazioni mediterranee, S. Maria di Leuca ha sviluppato una cultura ricchissima che si rivela –splendente- nelle sue meravigliose Ville. Nel 1868 le ville ubicate nella marina erano dieci in semplice stile toscano. Entro il 1876 erano venti e appena cinque anni dopo arrivarono a quarantatre in quello che sembrava una gara per il primato della villa più bella in stili sempre più osati che andavano dallo jonico a quello gotico, dal francese al pompeiano e risorgimentale, dal moresco a quello arabo e cinese. I principali architetti delle ville furono tre: G. Ruggeri, Carlo Arditi e Achille Rossi.
Una villa di rispetto doveva avere la chiesa di famiglia, il pozzo, un ampio giardino ed una sorta di piccolo stabilimento balneare privato costituito da capanni in pietra o legno detti “bagnarole“, che nascondevano alla vista del popolo le signore mentre godevano dei bagni nei mesi estivi. Queste bagnarole riportavano lo stile ed i colori della casa a cui appartenevano.

TORRE VADO
Il nome della Torre di avvistamento “Vado”, situata nella omonima località, potrebbe derivare da “vadum” (guado) per via della costa facilmente accessibile dal mare oppure dallo spagnolo “ovado” , ossia il luogo dove i pesci depositano le uova. Volute fortemente nel XVI secolo da Carlo V per difendere il territorio salentino dalle invasioni saracene, Torre Vado è una delle numerose basi di avvistamento costiero. Essendo vicina al centro abitato di Salve, è stata adibita anche a Torre Cavallara, dotata cioè di un messaggero a cavallo con il compito di avvertire in caso di pericolo i paesi dell’entroterra. Nel 1884, con il disarmo delle Torri costiere disposto da Ferdinando II Re delle Due Sicilie, la Torre divenne stazione di controllo doganale. Nel 1930 fu acquistata da privati e restaurata cinque anni dopo.

MORCIANO DI LEUCA
Oltre alle interessantissime “Chiesa Madre” con la prospiciente necropoli dei sec XIII-XIV, la Chiesa del Carmine e la Cappella della Madonna di Costantinopoli, assolutamente da vedere sono i Frantoi Ipogei (se ne contano, nel centro storico 18 a testimonianza della rilevante economia olearia di cui viveva il paese in passato) ed il Castello Castromediano-Valentin risalente alla prima metà del XIV secolo, così chiamato per via delle ultime famiglie che lo hanno abitato.

INSEDIAMENTO RUPESTRE DI MACURANO
Vi si trovava un importante insediamento di monaci basiliani in fuga dal vicino Oriente, che qui si dedicarono all’agricoltura. Il villaggio rupestre ospita due frantoi ancora utilizzati e qui, nel ‘500, venne edificato il complesso masserizio dominato dalla torre cinquecentesca, denominato Macurano, consistente nella Masseria Santa Lucia e nella cappella di Santo Stefano.

PATU’
Meritevole di una visita è il monumento funerario denominato “Centopietre” a Patù.
Databile al IX secolo, venne edificato come mausoleo sepolcrale del Generale Geminiano, messaggero di pace trucidato dai saraceni subito prima della battaglia finale tra cristiani ed infedeli di Campo Re del 24 giugno 877, ai piedi della collina di Vereto.
Si tratta di una singolare costruzione di forma rettangolare costruita con 100 blocchi di roccia calcarea provenienti dalla vicina città messapica di Vereto. All’interno presenta diversi strati sovrapposti di affreschi a soggetto sacro, risalenti al XIV secolo. In particolare sono raffigurati tredici Santi di origine orientale, eretti e frontali, secondo uno schema di ispirazione basiliana, che testimonia la trasformazione del monumento in chiesa paleocristiana durante l’epoca medioevale.

Non solo barocco…

Capitale del barocco leccese, Lecce è una città che definire meravigliosa è dir poco. Grazie alla pietra leccese, il centro storico assume colorazioni diverse a seconda della luce del giorno. Consigliamo due visite della città: una diurna, per apprezzare le bellezze architettoniche, ed una notturna, quando i monumenti illuminati ad arte riescono ad esprimere magia e le strade si riempiono di vita. Dalla Chiesa di Santa Croce, al Duomo, passando da Piazza S. Oronzo con il Sedile, è possibile riscoprire la Lecce romana Lupiae nel Teatro e nell’Anfiteatro Romano. Poco più a Nord di Lecce, nei pressi di Squinzano, merita una visita S. Maria di Cerrate, antica abbazia del XII secolo che incanta immediatamente anche per la preziosità del portico. L’intero complesso venne trasformato in masseria nel XVI secolo ed oggi ospita un Museo della Civiltà Contadina.

Arte e Natura

Splendido il panorama che dal Seno del Canneto vede il bel centro storico su un isolotto circondato da una cinta bastionata e presidiato dall’antico castello Rivellino nell’acqua. Da qui si godono scenari entusiasmanti, con la chiesa intitolata a S. Maria del Canneto, la Fontana Greca e la piccola cappella di Santa Cristina. Il Seno del Canneto ospita inoltre il Porto Antico, dove pittoresco è l’animato rientro dei pescherecci al tramonto. E perché non fare un salto al mercato ittico che si tiene, invece, nel porto mercantile? La Cattedrale della Città poi, intitolata a Sant’Agata, è una vera e propria pinacoteca con grandi tele opera di artisti di chiara fama. Suggestivo, lì vicino, il frantoio ipogeo di Palazzo Granafei. Gli animi sereni, la passeggiata finale sul bellissimo lungomare sarà sigillo di tante meraviglie.

Costa Jonica

Sulla Serra Salentina, nei pressi di Lido Conchiglie che guarda al Mar Ionio, sorge l’antica Abbazia di S. Mauro, con affreschi bizantini risalenti al XIII secolo. Notevole il panorama, spettacolare il tramonto. Ad agosto, qui, in occasione del Locomotive Jazz Festival, Paolo Fresu ed altri musicisti si ritrovano di notte e attendono l’alba a suon di jazz: le emozioni, a volte, sono fatte di note. Divenuta scogliera, la costa incontra le storiche Quattro Colonne di Santa Maria, famosa per aver offerto rifugio agli ebrei nel secondo conflitto mondiale. Passeggiandovi, ecco spuntare Santa Caterina: sul grande lungomare, che si snoda fino alla Torre dell’Alto, il paesaggio è unico. Imperdibile la località delle Cenate: ville straordinarie – risalenti anche al XVIII secolo – incalzano ed incantano lo sguardo.

Oriente e Occidente

Collegamento naturale tra Oriente ed Occidente, Otranto è la città più a Est d’Italia: quando il cielo è terso, le coste albanesi sono ben visibili dallo splendido lungomare. I suoi millenni di storia la vedono, per questo motivo, rapportarsi sempre con l’Oriente. Bello il nucleo storico che conserva – nonostante le distruzioni subite per le numerose incursioni – tutto il suo fascino, racchiuso dalla suggestiva cinta muraria che si affaccia sul porto naturale. Notevole la Cattedrale della fine del XI sec.: all’interno l’unicità di un Mosaico Pavimentale del XII secolo tra i più grandi al mondo, il quale ben si presta a letture esoteriche. La chiesa è inoltre famosa per la Cappella degli 800 Martiri di Otranto, trucidati nel 1480 all’arrivo dei Turchi. La vista di così tante ossa, di forte impatto, ne rende tangibile ed emozionante la storia.

Dove si parla il griko

La Grecìa Salentina è un insieme di 11 comuni dell’entroterra in cui si parla ancora il griko. Comune capofila della Grecìa, a Martano il nucleo storico è chiamato borgo terra: passeggiare nel dedalo di viuzze, aggrovigliate su loro stesse e governate dal castello che conserva ancora le torri circolari, è come un viaggio a ritroso nel tempo. Come poi non sostare al Monastero dei Monaci Cistercensi, per i tipici liquori alle erbe di produzione propria? A Corigliano sbalordisce la ricca facciata del Castello De Monti, mentre giunti a Melpignano, lo splendido piazzale del Convento degli Agostiniani – dove si tiene la Notte della Taranta – mozza il respiro. A pochi km si trova poi Soleto, terra di macare (streghe) e alchimisti dai quali si dice sia stato costruito il notevole campanile. Imperdibili, qui, gli affreschi bizantini della Cappella di S. Stefano. Incuriositi abbastanza?

Se volete vedere qualcosa di meno turistico ma altrettanto bello, ecco Tricase ed i paesi che le gravitano attorno. Tricase è famosa sia per il più grande Presepe Vivente della provincia sia per un monumento naturale: due grandi querce vallonee con una chioma che arriva fino a 20 metri di diametro, risalenti al XII secolo. Godersi lo spettacolo è d’obbligo. Prossima a Tricase, su una collina fitta di olivi, è Specchia dei Preti. Eletto Borgo più bello d’Italia, le stradine interrotte da rampe di scale, rendono suggestivo il suo centro storico. Da Specchia, attraverso la Serra Salentina, si raggiunge Presicce: la città dei frantoi ipogei, elegante e raffinata con i giardini pensili. Uno scrigno di storia i palazzi rinascimentali di Arnesano, a pochi Km.

Tradizioni e maestria

Benché il contesto sociale abbia subito notevoli mutamenti, l’artigianato salentino è riuscito a coniugare vecchio e nuovo mantenendo vive le sue tradizioni. Ciò che ha caratterizzato da sempre la cultura del territorio si manifesta nelle Arti che oggi assumono valore prezioso agli occhi di tutti. La scoperta e la riscoperta dei manufatti passa dalle abili e sapienti mani degli artigiani locali per giungere a noi all’interno di numerose botteghe. Dagli oggetti per la casa e giochi di terracotta (a Cutrofiano), alla pietra leccese (Maglie e Cursi), dalle statue di cartapesta (Lecce), ai ricami a mano ed ai merletti realizzati con il “tombolo” o il “chiacchierino” (Martano), dai panieri ed ai cesti di giunchi intrecciati (Acquarica del Capo), fino ai candelieri in ferro battuto ed alle brocche in rame, l’unicità di tanta arte riesce ancora ad incantare.

Testi tratti da WelcomeBox